Negli
ultimi anni si sta registrando in maniera sempre maggiore, specialmente
nei servizi pubblici (ma non solo), un notevole interesse nei
confronti delle terapie di gruppo. Vorrei occuparmi in particolare
di quelle a tempo definito (o a termine).
I gruppi terapeutici a tempo definito risultano,
tra l'altro, meno costosi e alquanto efficaci. Sono particolarmente
indicati nei servizi pubblici dove la richiesta di aiuto psicologico
è molto elevata a fronte di un numero di operatori non sempre
adeguato. D’altra parte possiamo affermare che si va gradualmente
sgretolando il mito secondo il quale una psicoterapia, per essere
veramente efficace, deve essere preferibilmente individuale
e molto lunga.
Le terapie brevi e le terapie di gruppo
Il padre delle terapie
brevi è certamente S. Ferenczi con la sua "tecnica attiva".
Successivamente si sono sviluppate le psicoterapie focali, sempre
di orientamento psicodinamico, generalmente brevi ( di durata
non superiore ai sei mesi). Con le terapie cognitivo-comportamentali
il concetto di psicoterapia breve si è ulteriormente affermato;
questo indirizzo psicoterapico è stato peraltro alquanto approfondito
relativamente alla valutazione dell'efficacia attraverso l'utilizzazione
di strumenti oggettivi (scale di valutazione, tests, etc.).
Anche la psicoterapia integrata, nelle sue diverse e differenti
formulazioni, ha contribuito all'incremento dell'utilizzo degli
interventi psicoterapici brevi.
Altrettanto importante è stata la sempre
maggiore diffusione delle psicoterapie di gruppo che, come si
è detto, risultano più "economiche" relativamente
al rapporto costi-benefici. Si può affermare con una certa sicurezza
che le psicoterapie di gruppo sono sostanzialmente equivalenti,
in quanto ad efficacia, alle psicoterapie individuali; risultano
inoltre efficaci non solo per i casi di "nevrosi",
ma anche per patologie gravi come i disturbi di personalità
e le stesse psicosi. In alcuni casi, la psicoterapia di gruppo
può definirsi elettiva per alcune patologie (superamento di
fobie sociali, attacchi di panico, etc.).
Incrociando i dati e le considerazioni relativi
alle terapie brevi ed alle terapie di gruppo, si possono ottenere
utili indicazioni rispetto alle psicoterapie brevi di gruppo.
In questa sede ci occupiamo, come si è detto, in particolare,
di interventi di psicoterapia di gruppo a tempo definito
o a termine.
Nella terapia di gruppo a tempo definito,
a differenza della psicoterapia breve di gruppo, il numero complessivo
delle sedute e quindi il termine dell’intervento vengono stabiliti
all’inizio del trattamento (da 12 a 50 sedute, in generale).
Nel gruppo a tempo definito, occorre, ancor più che per i gruppi
a tempo indeterminato, essere molto attenti alla selezione dei
pazienti, alla motivazione degli stessi e alle ultime sedute
(chiusura) del gruppo.
Per quanto concerne la omogeneità o eterogeneità
del gruppo a tempo definito, si rinvia ai gruppi in generale:
i vantaggi del gruppo omogeneo (es. solo pazienti depressi o
solo pazienti borderline, etc.) deriverebbero da una maggiore
coesione e sostegno tra i membri del gruppo e quindi, per alcuni,
l’omogeneità dei pazienti sarebbe preferibile anche negli interventi
a termine. Personalmente mi sento di affermare che, per i gruppi
a termine centrati su minfulness e coping, ho trovato sempre
molto più utile che vi partecipassero pazienti con diversa patologia:
a riguardo parlerei di maggiore ricchezza e conseguente migliore
attivazione del rispecchiamento e della solidarietà.
Il fattore tempo e l’efficacia dei gruppi a tempo
definito
Nei gruppi a tempo
definito, v’è nei pazienti e nel conduttore la consapevolezza
del tempo che rimane rispetto alla fine dell’intervento. Questo
dato consente di accelerare, concentrare ed intensificare
utilmente l’impegno, gli aspetti psicoeducativi, le verifiche,
etc.
In questo tipo di gruppo, il terapeuta deve
essere sicuramente più direttivo rispetto ai gruppi a tempo
indefinito, ed i pazienti devono sapere che da parte loro è
importante un maggiore impegno. In questo tipo di gruppo, tutto
il periodo della terapia è da considerarsi un periodo di autoanalisi,
di verifiche, di “esercizi a casa”, etc. Questo dato vale, ovviamente,
per qualunque psicoterapia ma, in questo caso, è sicuramente
molto più importante.
È evidente che in questo tipo di terapia,
il problema della “conclusione” è centrale e molto delicato.
Molti pazienti temono di non riuscire, dopo la fine degli incontri,
a procedere nel modo giusto, temono peggioramenti, etc.
È quindi necessario che il conduttore prepari
il gruppo alla conclusione gradualmente, sottolineando che gli
obiettivi da raggiungere non devono essere troppo ambiziosi
e che comunque questo gruppo è solo uno degli interventi finalizzati
alla cura del proprio disagio, alla riduzione dei sintomi ed
al miglioramento della qualità della vita. Questa impostazione,
se ben condotta, riduce anche la deleteria dipendenza dal terapeuta
e dalla terapia che spesso si verifica negli interventi psicoterapici
“pluriennali” sia individuali che di gruppo.
È comunque accertata la validità ed efficacia
di più trattamenti sequenziali o nello stesso periodo di tempo
e ciò in particolare nei casi di grave disturbo di personalità
(disturbo borderline, disturbo narcisistico, etc.) : non è
infatti possibile pensare di “risolvere” tutte le problematiche
psicologiche di un paziente nel corso di un unico lungo intervento
psicoterapico. Pertanto è utile far passare il concetto che
il gruppo a tempo definito rappresenta uno degli interventi
psicoterapici, forse anche il più importante, ma non necessariamente
il solo.
Il gruppo a tempo definito centrato su mindfulness
e coping
Il termine “mindfulness”
(presenza mentale) indica la consapevolezza non giudicante che
emerge attraverso il prestare attenzione allo svolgersi dell’esperienza
presente, momento per momento. Questa attenzione è sviluppata
prevalentemente attraverso la meditazione.
Il termine “coping”
introdotto da R. Lazarus nel 1966, può essere tradotto con l’espressione
“fronteggiamento”. La capacità di coping si riferisce alla gestione
attiva del disagio psichico derivante sia da problemi intrapsichici
che da problemi relazionali.. L’intervento terapeutico è pertanto
centrato sulla acquisizione e sperimentazione di strategie
e abilità messe in atto per fronteggiare il disagio psichico.
Il gruppo centrato
su mindfulness e coping può essere prevalentemente rivolto a
due categorie di pazienti:
1) pazienti portatori di disturbi d’ansia
e/o depressivi con o senza lievi disturbi di personalità;
2) pazienti affetti sia da disturbi nevrotici
polisintomatici che da disturbi di personalità di livello medio
o medio-gravi; per questa categoria di pazienti, questo tipo
di intervento appare più efficace se i pazienti si sono già
sottoposti a terapia individuale acquisendo una maggiore consapevolezza
delle cause del proprio disagio.
Al riguardo va sottolineato che spesso pazienti,
appartenenti sia al primo che al secondo gruppo, anche dopo
uno o più interventi psicoterapici (con o senza contestuali
trattamenti farmacologici) non sono in grado di fronteggiare
in maniera soddisfacente le loro difficoltà psicologiche, pur
avendo acquisito il più delle volte una migliore consapevolezza
rispetto alle difficoltà in questione (risultato peraltro da
non sottovalutare). Un numero sempre maggiore di pazienti chiede
pertanto che una psicoterapia o più psicoterapie portino a risultati
quantificabili in termini di “ generale benessere percepito”
e non solo di maggiore “comprensione” delle cause del disagio.
Il definitiva molti interventi psicoterapici danno comprensione
senza arrecare sollievo. Questi pazienti spesso appaiono sfiduciati,
oltre che sofferenti, con conseguente cronicizzazione dei sintomi.
La terapia integrata di gruppo centrata su
mindfulness e coping, oltre alle caratteristiche di tutti i
gruppi psicoterapici (rispecchiamento, solidarietà, linguaggio
comune, etc.) presenta caratteristiche psicagogiche .
Per modificare i propri schemi mentali abituali disfunzionali,
è necessario, infatti, a nostro avviso, un vero e proprio “riaddestramento”
della mente. Per questo intervento psicoterapico, si può utilizzare
l’espressione di psicoterapia integrata, in quanto vengono
utilizzati metodi e tecniche, tra di loro integrati, derivanti
dalle seguenti aree:
1) Area
della Psicoterapia Cognitiva;
2) Area
della Mindfulness;
3) Area
delle Tecniche Immaginative;
4) Focusing.
▪
La terapia cognitivo-comportamentale,
come è noto, è molto orientata al qui ed ora: anche se le origini
di alcuni "schemi patologici" intrapsichici e/o relazionali
vanno ricercati nel passato, gli ingredienti attivi del
cambiamento sussistono nel presente.
L’efficacia della terapia cognitivo-comportamentale
è stata studiata più ampiamente di qualunque altro indirizzo
psicoterapico. Questo indirizzo ritiene, tra l’altro, che i
sintomi psicopatologici siano attribuibili prevalentemente alle
modalità con le quali i soggetti imparano, a partire dall’infanzia,
a gestire il proprio ambiente, a modulare l’umore e ad “interpretare”
gli eventi quotidiani. Questo indirizzo psicoterapico prevede
una certa direttività del terapeuta; la collaborazione tra
terapeuta e paziente tende al raggiungimento di scopi ed alla
soluzione di problemi; la terapia spesso è breve e/o a tempo
definito; presuppone che gli stati emotivi ed i comportamenti
siano influenzati dal modo di pensare (da qui l'importante lavoro
sui pensieri automatici).
Questo indirizzo
psicoterapico considera inoltre molto importante l’impegno attivo
del paziente e quindi il suo coinvolgimento attraverso i “compiti
a casa” (aspetto psicagogico) fornendo allo stesso l'opportunità
di produrre dati, di esaminare i propri pensieri ricorrenti
e di mettere in pratica e sperimentare le alternative
consigliate. Non si formulano, in linea di massima, interpretazioni
dei fattori inconsci.
Questo modello psicoterapico, a differenza
di quello psicodinamico, risulta alquanto integrabile con altri
modelli.
▪
La meditazione,
che da alcuni anni, in Italia ed all’estero, è approfondita
in ambiti clinici, (vedi: G. Pagliaro, M. Epstein, F.Giommi,
M.Linehan, J. Kabat-Zinn, etc.) tende a rafforzare la presenza
mentale (mindfulness) (Io-autosservante della psicologia
occidentale). Come è noto, la mancanza o carenza dell’Io auto-osservante
è un aspetto della debolezza dell’Io, presente in tutti i disturbi
di personalità, specie in quello borderline. Questa mancanza
o carenza porta ad un uso eccessivo di meccanismi proiettivi
con una “confusione fra ciò che è dentro e ciò che è fuori,
e nel modo in cui il paziente esperisce le sue interazioni con
il terapeuta” (O.Kernberg).
La presenza mentale, coltivata attraverso
la meditazione, favorisce sia la “stabilizzazione” della mente,
sia il graduale superamento degli schemi mentali disfunzionali
abituali. Inoltre aiuta il paziente a ridurre la propria “ruminazione
mentale depressiva” presente in moltissimi disturbi (Asse I
e Asse II del DSM IV) .
Come si è detto, il concetto di presenza
mentale è assimilabile, sia pure in parte, a quello di Io
osservante e/o auto-osservante della psicologia occidentale.
Il rafforzamento della presenza mentale ci consente di
non lasciarci coinvolgere subito dagli impulsi nascenti e quindi
dagli schemi abituali disfunzionali derivanti prevalentemente
dalle nostre difficoltà infantili.
Secondo M. Epstein, psicoanalista ed esperto
di meditazione, il vissuto della “continuità d’essere” posto
da D. Winnicott alla base di uno sviluppo armonico della psiche
(sviluppo del “vero sé” e non creazione di un “falso sé”) coincide
con la dimensione di esperienza cui conducono gli stati meditativi.
Winnicott ha descritto in maniera chiara i modi in cui ci chiudiamo,
assecondando le richieste genitoriali che nascono dall’ansia
dei genitori anziché dai bisogni del bambino. possibile pertanto
“riaddestrare” l’Io a riprendere contatto con il vero sé attraverso
la presenza mentale rafforzata dalla meditazione, con la conseguente
possibilità di trasformare la sofferenza modificando il modo
di rapportarci ad essa.
▪
Le tecniche immaginative
(o di visualizzazione) sono utilizzate nella terapia comportamentale,
nella terapia della Gestalt, nella Programmazione Neurolinguistica
(PNL), nel sogno da svegli guidato di Desoille, nella psicosintesi
di Assagioli, nella recente terapia strategica di G. Nardone,
etc., e rappresentano un utile strumento per il fronteggiamento
di molti sintomi e sindromi dolorosi (attacchi di panico, alcuni
disturbi somatoformi, disturbi ossessivi, etc) .
Le immagini mentali (la mente pensa per rappresentazioni
visive) coesistono con il pensiero logico o discorsivo. Le immagini
mentali rappresentano una forma di pensiero utilizzato per stabilire
un forte contatto con la nostra realtà oggettiva interiore.
L'utilizzazione delle immagini mentali può essere insegnata.
Le immagini vengono prima sviluppate con l'aiuto del terapeuta
e successivamente approfondite e sperimentate "a casa".
Le tecniche immaginative possono essere utilizzate sia per depotenziare
gli schemi disfunzionali abituali sia per far emergere nuovi
schemi sani e funzionali a vissuti e relazioni più soddisfacenti
ed adattivi.
▪
Il Focusing è un metodo integrabile con
tutti o quasi gli indirizzi psicoterapici; tende al conseguimento
di un livello profondo di consapevolezza di tipo psicocorporeo.
Attraverso questo metodo possiamo ascoltare i segnali e le sensazioni
del corpo e comprenderne i significati.
Il metodo del Focusing
o Focalizzazione può essere sia utilizzato per scopi terapeutici
che per favorire il benessere psicofisico: serve a gestire le
emozioni quando queste sono particolarmente dolorose e “travolgenti”,
serve a superare dei blocchi emotivi nella vita di tutti i giorni
e/o durante una psicoterapia, risulta efficace per accrescere
la consapevolezza rispetto a ciò che sentiamo e desideriamo,
aiuta a superare le dipendenze e ad aumentare l’accettazione
di se stessi. Come si è detto, il Focusing si rivolge alla saggezza
del corpo e può essere praticato sia a livello individuale,
sia in gruppo; è quindi un metodo particolarmente adatto in
una terapia di gruppo centrata su mindfulness e coping.
Come si è affermato precedentemente, molti
interventi psicoterapici individuali o di gruppo, anche lunghi,
aiutano il paziente a vedere i propri schemi di comportamento
disadattivi, ma spesso non forniscono gli strumenti per il loro
superamento e per l’accettazione profonda di se stessi. Il metodo
psicoterapico integrato proposto fornisce i mezzi per quella
che Freud chiamava l’”elaborazione”, e pertanto può essere utilizzato
anche dopo una psicoterapia che possa definirsi “riuscita” rispetto
alla comprensione dei propri “vuoti” e conflitti, ma non efficace
rispetto ad una effettiva modificazione di vissuti e comportamenti
dolorosi e disfunzionali.
Attraverso un “riaddestramento” della mente,
si può pervenire ad uno sviluppo delle facoltà mentali tale
da rendere possibile l’elaborazione descritta da Freud. Spesso
invece una psicoterapia si ferma ad una, sia pur corretta, interpretazione
dei ripetitivi comportamenti patologici del paziente, senza
una profonda esperienza diretta delle emozioni, dei pensieri
emotivi o dei residui fisici dei pensieri emotivi in cui si
è rimasti bloccati (importante a riguardo, ad esempio, il lavoro
sulle sensazioni corporee legate alla rabbia utilizzando il
Focusing e/o la meditazione terapeutica).
I differenti metodi e tecniche proposti vanno,
ovviamente, integrati e non semplicemente giustapposti, pervenendo
ad un intervento psicoterapico unitario, ad una struttura globale
che permetta di capire e di predire il cambiamento determinando
la scelta di questa o quella procedura terapeutica. L’intervento
deve, in definitiva presentare una elevata coerenza interna.
L’esperienza dell’ultimo gruppo a tempo definito
centrato sul coping presso il DSM (anni 2007-8)
Sin dall'inizio è stato comunicato ai pazienti
che il gruppo terapeutico proposto sarebbe stato "a termine"
(16 sedute; durata della seduta: un'ora e mezza). Il gruppo
si è tenuto il giovedì con cadenza settimanale (in qualche caso,
per motivi contingenti, il gruppo è stato posposto di una settimana).
Possiamo parlare di gruppo interdistrettuale (con possibilità,
cioè, di accesso da parte di pazienti provenienti da tutte le
quattro aree territoriali del DSM). Anche in questo caso si
è trattato di un gruppo “disomogeneo”, con pazienti molto diversi
tra di loro, per età, e, specialmente, per patologia. I pazienti
sono stati dieci (numero "ideale" per tutti i gruppi
terapeutici, ma in particolare per questo tipo di gruppo), di
età variabile dai 24 ai 68 anni, con una forte prevalenza di
donne (otto), come si verifica molto spesso sia nei servizi
pubblici che nel privato.
Rispetto alle diagnosi, il gruppo è stato
decisamente disomogeneo: sei disturbi di personalità di cui
uno molto grave, e quattro disturbi dell'area nevrotica (ansia,
depressione e disturbi somatoformi).
Tutti i pazienti hanno completato il ciclo
dei previsti sedici incontri; si sono tutti sforzati di partecipare
al maggior numero di sedute, cercando di superare difficoltà
lavorative, di salute, familiari, etc.
Come è descritto più avanti è stata effettuata
una verifica dell'efficacia dell'intervento terapeutico, attraverso
la somministrazione dell'HSCL-90 prima dell'inizio degli incontri
ed alla fine degli stessi. stato inoltre somministrato alla
fine del lavoro di gruppo un questionario (anonimo) sulla "patient
satisfaction".
Questionario
di valutazione del gruppo terapeutico da parte degli utenti
La soddisfazione
del paziente nei confronti dei Servizi di salute mentale è diventata,
negli ultimi vent’anni, nei paesi anglosassoni, un elemento
di crescente importanza sia per quanto attiene alla valutazione
dell’efficienza degli interventi, sia per la valutazione dei
risultati terapeutici. L’enfasi posta sulla soddisfazione del
paziente deriva, in quei paesi, dal fatto che da anni i servizi
pubblici e privati sono in forte competizione tra di loro e
quindi appare davvero importante un positivo giudizio del paziente
rispetto ai propri vissuti, ai risultati delle terapie, a come
si è stati trattati, etc.
Con Lebow (1982) possiamo definire la soddisfazione
del paziente come: “ la misura in cui il trattamento soddisfa
i bisogni, le aspettative ed i desideri dell’utente”.
Tra i metodi utilizzati per valutare il grado
di soddisfazione dell’utente, il più comune è il questionario.
Abbiamo, per il gruppo in questione, utilizzato
il Genaral Satisfaction Questionnaire (GSQ- Huxley e Mohamad,
1991), che misura, oltre alla soddisfazione generale, anche
quella per l’aiuto ricevuto. Il questionario utilizzato è stato
opportunamente modificato per adattarlo alle caratteristiche
dell’intervento sul quale stiamo riflettendo.
Hanno risposto al questionario, che, come
si è detto, è anonimo, 9 dei 10 pazienti che hanno partecipato
alla terapia. Il questionario è stato somministrato alla fine
dell’ultimo incontro.
Questionario sulla “patient satisfaction”
Domanda n. 1 “In che misura sei rimasto
soddisfatto/a da questa terapia di gruppo?”

-molto soddisfatto=50%; soddisfatto=37%;
insoddisfatto=0%; molto insoddisfatto=0%
Domanda n. 2 “L’esperienza
terapeutica che hai vissuto, ti ha aiutato/a ad affrontare con
maggiore efficacia i tuoi problemi ?”

-si, mi ha aiutato molto=62%; si, mi ha
aiutato un po’=37%; no, non mi ha aiutato=0%; no, mi sembra
che abbia peggiorato le cose=0%
Domanda n. 3 “Se
un tuo amico avesse bisogno di un aiuto simile al tuo, gli raccomanderesti
di partecipare ad un gruppo come questo?”

-certamente
si=50%; probabilmente si=50%; probabilmente no=0%; certamente
no=0%
Domanda n. 4 “Come
ti sei sentito/a accolto/a e seguito/a dal terapeuta e dall’osservatore
?”

-in maniera molto soddisfacente=75%; in
maniera soddisfacente=25%; in maniera insoddisfacente=0%; in
maniera molto insoddisfacente=0%
Domanda n. 5
“Quale prevalente effetto la terapia di gruppo ha avuto
riguardo ai tuoi problemi?” (sono possibili due risposte)

-maggiore consapevolezza=23%; maggiore
autoaccettazione= 23%; maggiore capacità nell’affrontare le
difficoltà=38%; maggiore attitudine nell’ascolto=15%
Domanda n. 6 “Ritieni
che il numero di 16 incontri sia stato adeguato?”
-si, gli incontri sono stati sufficienti=0%;
no, sono stati pochi=0%; no sono stati troppi=0%; sarebbe utile
un nuovo ciclo di incontri dopo alcuni mesi=100%
Domanda n. 7 “Quali
delle modalità di intervento proposte e sperimentate nel gruppo
ti sono risultate più utili rispetto ai tuoi problemi ?”

-il lavoro con le “schede cognitive”=14%;
focusing=21%; meditazione terapeutica=57%; tecniche immaginative=7%
Come si vede, la soddisfazione
dei pazienti è stata davvero elevata.
Ulteriori riflessioni
Dall’andamento di questo gruppo a tempo definito
centrato su mindfulness e coping, si possono inoltre dedurre
alcune importanti considerazioni: è fondamentale, specie per
i pazienti gravi, come i pazienti borderline, un lavoro di motivazione
prima dell’inizio del lavoro gruppale. Il paziente deve sapere
che questa terapia comporta per lui un impegno; è pertanto
fondamentale sia motivare il paziente, sia chiarirgli le
caratteristiche del lavoro terapeutico che sarà svolto nel gruppo;
ciò vale specialmente per quei pazienti che si sono sottoposti
a precedenti interventi di tipo psicodinamico e pertanto non
direttivi, in cui il lavoro, almeno quello “formale” e consapevole,
è rappresentato prevalentemente, se non esclusivamente, dalle
sedute psicoterapiche.
Come si è già detto, i risultati più interessanti
e lusinghieri si ottengono, in linea di massima, con quei pazienti
i quali abbiano già svolto un pregresso lavoro psicoterapico
individuale prima di iniziare la psicoterapia di gruppo a tempo
definito sopra descritta: questi pazienti risultano infatti
più consapevoli, sia pure, come spesso capita, solo a livello
di “pensiero discorsivo”, e possono più agevolmente impegnarsi
nel fondamentale e sicuramente "innovativo" compito
del “riaddestramento” mentale.
Pur convinti che questo tipo di gruppo possa
funzionare sia con pazienti portatori di differenti patologie
che con pazienti portatori di patologie uguali o affini, si
ritiene utile, anche a scopo di approfondimento e di ricerca,
sperimentare in futuro anche gruppi di pazienti omogenei (ad
es. gravi disturbi di personalità), opportunamente informati
e motivati.
Rispetto alle modalità terapeutiche, riteniamo
inoltre necessario lavorare per conseguire una sempre maggiore
coerenza interna nell'integrazione delle differenti tecniche
utilizzate.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE